Un normalissimo Halloween

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  1. alaska85
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    Pochi sanno che....
    La notte di Halloween, il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, si assottiglia. In questa notte, i morti possono trovare la via di casa, possono tornare al loro vecchio focolare. Poche anime pure possono vederle.

    Le creature della notte percepiscono un'aria diversa ad Halloween, un'aria elettrica, un'aria piena di energia.

    Il giorno di Halloween del 2015 rimase per sempre nella storia di New Orleans. Eventi tragici colpirono la città, le strade furono bagnate da sangue innocente.



    ROBERT PATTERSON




    Era un anno esatto che aspettavo questo giorno, finalmente l'attesa era finita, era arrivato Halloween. Potevo ora consumare la mia vendetta. Mio padre, mia figlia e mia moglie morirono tutti e tre il giorno di Halloween, non era una casualità. Mio padre morì d'infarto quando avevo solo dieci anni, era la notte di Halloween del 1971. Mia figlia aveva compiuto da poco 5 anni quando morì investita da un auto, era il 2002. Betty, mia moglie, morì l'anno scorso. Quali forze demoniache mi avevano preso di mira? Perché ogni persona cara mi veniva portata via ad Halloween? Perché?
    Ero rimasto solo, un vecchio impiegato di banca senza famiglia e senza amici. Halloween mi aveva portato via tutto. Mi restava una cosa sola nella vita: la vendetta. Volevo la mia vendetta, Halloween doveva pagare. Come? Non potevo certo uccidere le forze invisibili che regnavano in quel dì. Il mio piano era far in modo che in futuro nessuno avrebbe più festeggiato Halloween. Dovevo portare il caos. Ogni anno ad Halloween avrei ucciso dei poveri bambini innocenti. Il trentuno ottobre doveva diventare un giorno di lutto, nessuno doveva mai più festeggiare o nominare Halloween.
    Avevo progettato un piano perfetto, nulla era lasciato al caso.
    Erano le 16:30 quando rientrai a casa, la festa stava appena iniziando. Mi vestii per bene. Indossai un frac nero munito di cilindro e bastone, un soprabito nero e una maschera veneziana bianca per coprirmi il viso. Per precauzione indossai anche una parrucca nera e dei guanti bianchi.
    L'ultima cosa che presi prima di uscire di casa furono tre siringhe, erano piene d'arsenico. Il veleno lo avevo comprato in Messico, mi era costato tantissimo.
    Avevo monitorato per mesi la zona dove avrei colpito, la tredicesima traversa di Craven Road, il punto più buio di New Orleans. C'era un solo lampione che si accendeva ad intermittenza, nessuna telecamera nei paraggi e un grande cassonetto dell'immondizia.
    Arrivai in prossimità del luogo stabilito. Craven Road era già piena di ragazzini festanti vestiti da strega, vampiro o altre schifezze del genere.
    Erano passate le 17:00, le tenebre stavano calando. Ero appoggiato ad un albero davanti ad un ristorante cinese, studiavo le mie potenziali vittime. Stavo guardando un bambino vestito da Batman però fu raggiunto da un gruppetto di quattro bambini, erano troppi. All'improvviso eccoli: due bambini, uno vestito da clown, l'altra da fatina. I due stavano entrando nella tredicesima traversa, li seguii allungando il passo. Il lampione si accendeva e si spegneva, erano giunti in prossimità del cassonetto, erano a metà strada, li chiamai. I due bambini si girarono verso di me.
    << Scusate cuccioli, devo chiedervi un informazione. >>
    Mi aspettarono e li raggiunsi.
    << Sapete dirmi dov'è Lincoln Place? >>
    La bambina mi diede le indicazioni per raggiungerla, erano pure esatte. Li ringraziai:
    << Grazie mille, tenete queste caramelle come dono. >>
    Misi le mani in tasca nel soprabito, con la mano sinistra presi le caramelle, con la destra una siringa. Feci cadere le caramelle di proposito, si chinarono a prenderle, in un attimo infilai l'ago nel collo del bambino. La bambina si alzò con le caramelle in mano, mi vide togliere la siringa dal collo del suo amichetto, stava per gridare ma con una mano gli tappai la bocca e con l'altra gli feci la puntura mortale.
    Come era facile uccidere i bambini, erano così deboli ed indifesi. Mi sbarazzai velocemente dei corpi, per fortuna erano leggeri, li buttai dentro il cassonetto.
    La fortuna mi baciò. Mi avviai per uscire dalla traversa quando un ragazzino paffutello, vestito da Spiderman, vi era appena entrato. Colsi la palla al balzo.
    << Sbrigati ragazzo, a Trevoc Road (strada parallela a Craven Road unita dalla tredicesima traversa) un signore sta lanciando caramelle e dolci ai bambini dal balcone, vieni seguimi. >>
    Come era imbecille, mi seguii per davvero.
    Gli diedi la sua dose mortale di Arsenico in prossimità del cassonetto, la fatica più dura fu buttarcelo dentro.
    Avevo ucciso tre figli di Halloween, ora non restava che godermi lo spettacolo.
    Prima di tutto mi liberai delle siringhe vuote. Passeggiai per la via e arrivato in prossimità di una tavola calda ordinai un hamburger. Mangiai l'hamburger anche se non avevo fame, mi serviva solo la carta per avvolgere le siringhe e buttarle nel loro cestino. Avevo studiato tutto alla perfezione, avevo compiuto la mia vendetta perfetta.
    Mi andai a sedere in un bar di Trevoc Road, la posizione era ideale per controllare il tutto. Stavo sorseggiando un thè caldo quando vidi il garzone del bar con un grosso sacchetto dell'immondizia dirigersi verso la tredicesima traversa. Sentii le sue urla quando scoprì i cadaveri dei tre bambini. Lo vidi correre piangendo e agitandosi come un matto.
    La polizia arrivò subito. Il primo a scendere dall'auto fu lo sceriffo Morgan T. Davis, dopo qualche minuto la zona si riempì di altri poliziotti e di giornalisti.
    In poco tempo si formò una calca di gente, io invece non mi alzai mai dal mio tavolino. Si sentivano pianti e urla, c'era tanto dolore. Arrivò anche la FBI. Vidi un'agente federale discutere animatamente con lo sceriffo e quest'ultimo andarsene via molto nervoso, dovevano avergli tolto il caso.
    Un'agente ciccione stava interrogando i negozianti della Trevoc Road, figuriamoci se con tutto il lavoro che avevano quel giorno potevano avermi visto. L'agente venne anche al bar, si fermò ed iniziò a chiedere informazioni a tutti, anche a me.
    << Mi dispiace agente, non ho visto o notato nulla di anomalo. >>
    L'agente ringraziandomi se ne andò, mentre si spostava riuscii a vedere, qualche metro più dietro, un ragazzo che mi fissava con un freddo sorriso. Mi sentii gelare il sangue. Era un biondino con gli occhi blu, non aveva nessuna maschera o vestito di Halloween eppure fu la cosa più tenebrosa che vidi quel giorno. Abbassai un attimo lo sguardo e non lo vidi più.
    Presi la via del ritorno solo verso le 20:00. Ero felice, avevo fatto tutto in modo perfetto.
    Parcheggiai l'auto davanti casa, scesi e arrivai al portone. Ero sovrappensiero, non mi accorsi nemmeno dell'uomo che era dietro di me. Stavo per infilare le chiavi nella serratura quando qualcuno mi toccò le spalle, mi girai di soprassalto e mi ritrovai schiacciato al portone con una mano al collo. Era lo sceriffo Davis. Mi grido:
    << Quanti spiriti di Halloween hai ucciso oggi? Te lo dico io? Tre. Confessa, li hai uccisi tu? >>
    << Sceriffo lei è pazzo, cosa sta dicendo? Si calmi! >>
    Mi tolse le mani di dosso, mi guardò in cagnesco, che cosa sapeva?
    << Sceriffo ho saputo la disgrazia che è avvenuta oggi, mi dispiace tanto, ma cosa c'entro io in questa storia? Le ricordo che ho perso una figlia di tre anni, come potrei ammazzare ora i figli degli altri? Chi ha compiuto ciò è un mostro e io non lo sono. >>
    << Come mai ti sei mascherato oggi? Odi tanto Halloween e lo festeggi? >>
    << Non ho più niente da perdere ormai, mi godo il poco tempo che mi rimane da vivere. >>
    Mi puntò il dito:
    << Ti tengo d'occhio Mr Patterson, se fossi in te mi preoccuperei molto. >>
    Mi girò le spalle e se ne andò.
    Maledetto sbirro, aveva visto qualcosa? No. Qualcuno doveva avergli ricordato il mio urlo di dolore quando mia moglie morì. Quel giorno gridai: ''ucciderò tutti gli spiriti di Halloween! Renderò maledetta la tua festa''. Quel giorno dal dolore avevo urlato come un ossesso.
    Dall'adrenalina mangiai tantissimo quella sera. Mi guardai un po' di televisione, i bambini bussavano alla porta per ricevere qualche dolcetto ma non aprii a nessuno.
    Alle 23:00 andai a letto. Andavo a dormire felice, la mia vendetta era stata compiuta.


    BILL WESTWOOD




    New Orleans. Mattina del 31 ottobre 2015, era il giorno di Halloween. Mia moglie Meg è sempre stata una splendida persona, brava e gentile, ma ad Halloween diventa nervosa e intrattabile.
    Mi svegliai prima delle 7:00, mi vestii, lavai e feci colazione senza far il minimo rumore. Ero terrorizzato alla sola idea di svegliare Meg. Andai a lavorare senza nemmeno salutarla.
    Fu una giornata all'apparenza normalissima al mio negozio di articoli da pesca. Avevo messo qualche addobbo di Halloween e preparato un vassoio pieno di dolci e caramelle per i bambini che si sarebbero presentati. Tutto cambiò verso le 18:00, passarono una, due, tre auto della polizia, poi un'ambulanza. Qualcosa era successo. Tre ragazzini vennero trovati morti dentro un cassonetto dell'immondizia. Che orribile notizia.
    Il mio vecchio amico, lo sceriffo Morgan T. Davis venne a trovarmi mezz'ora dopo. Non venne proprio a trovarmi, venne a sfogarsi di come la FBI gli aveva soffiato il caso. Era imbufalito, per farlo calmare un po ci vollero tre bicchieri del mio Bourbon Whiskey Kentucky Jack che tenevo sempre sotto il bancone.
    Continuammo a parlare della brutta disgrazia avvenuta in città, che tragedia. Chi diavolo poteva aver commesso ciò?
    Mi vennero in mente le urla di Mr Patterson quando gli morì la moglie:
    << Purtroppo la maledizione di Mr Patterson si è avverata. >>
    << Quale maledizione? >>
    << L'anno scorso, ad Halloween, alla moglie gli venne un infarto e morì. Lo sentii gridare come un dannato, disse che avrebbe ucciso tutti gli spiriti di Halloween e che nessuna persona l'avrebbe più festeggiato. Furono parole dettate dalla rabbia poverino. >>
    << Chi è questo signore? Che tipo è? >>
    << Abita di fronte casa mia, è un tipo taciturno, lavora in banca. >>
    << Saranno state anche parole dettate dal dolore ma devo scambiarci due chiacchiere. >>
    << Cazzone non ti hanno tolto il caso? >>
    << Quelli della FBI mi devono solo baciare le chiappe. >>
    Se ne andò senza dirmi più niente, sapevo però che non si sarebbe arreso e che avrebbe fatto di tutto per trovare il o i colpevoli. Erano quasi le 19:00 e stavo per chiudere quando entrarono due uomini vestiti da zombie. Il più alto cacciò dalla tasca un coltello mentre l'altro più basso e robusto venne dall'altra parte del bancone, mi venne una splendida idea:
    << Vi prego non fatemi del male, se non mi uccidete vi apro anche la mia cassaforte. >>
    Il tizio col coltello abboccò subito all'amo:
    << Quale cassaforte? Dov'è? Parla vecchio se non vuoi aperto in due. >>
    << Si trova nella mia camera da letto, a casa mia, a due isolati da qui. Al negozio non ho nulla, solo l'incasso di giornata. >>
    << Chi c'è ora a casa tua? >>
    << Solo la mia vecchia moglie malata, non ho figli. >>
    << Se provi a prenderci in giro sei morto. >>
    Chiusi il negozio e ci avviammo verso casa, il tizio più alto mi teneva sottobraccio mentre l'altro camminava alle mie spalle. In strada c'era un'enorme confusione, bambini mascherati, un gruppo di jazzisti vestiti da scheletro, c'era il caos. Solo Anne, la ragazza che abitava vicino casa mia, aveva un'aria normale. Si stava ritirando dal lavoro.
    Arrivammo a casa, entrammo dentro e mi puntarono il coltello alla gola gridando:
    << Dov'è tua moglie? >>
    << Mia moglie è malata, si trova a letto, è nella stessa stanza della cassaforte. >>
    Gli accompagnai al piano di sopra dove c'era la camera da letto. Videro la porta chiusa a chiave, gli spiegai che era una precauzione per mia moglie. Infilai la chiave e la girai, sentii i due scatti della serratura, aprii la porta e vidi mia moglie sotto le coperte, dormiva.
    Entrammo dentro, il tipo più basso vestito da zombie stava sicuramente per chiedermi dove fosse la cassaforte, ma lo anticipai in tutt'altro modo:
    << Sorpresa! >> gridai. << Moglie mia, guarda che bel regalo che ti ho fatto. >>
    I due rapinatori si guardarono in faccia, non capirono niente di ciò che stava accadendo. Si voltarono a guardare mia moglie e la videro togliersi le coperte di dosso. La videro alzarsi e la sentirono ringraziarmi:
    << Grazie. Erano anni che non mi facevi un così bel regalo. >>
    Uno dei due rapinatori esclamò:
    << Ma che cazzo è? Non era malata? >>
    << Non sono mica un bugiardo, mia moglie è malata. Poverina è malata di licantropia. >>
    I due rapinatori non dissero più una parola, guardarono esterrefatti mia moglie che si stava trasformando. Videro il suo pigiama stracciarsi e il corpo che si riempiva di lunghi peli grigio scuro. Videro i suoi denti diventare lunghe lame affilate. Videro un grosso lupo davanti a loro. Fu l'ultima cosa che videro. Mia moglie con un balzo gli saltò addosso, sbranò per primo il tizio più alto, l'altro finito anche lui a terra fu il secondo. Quando si trasformava non perdeva il controllo e manteneva le sue facoltà mentali umane, però ho sempre preferito non stargli troppo vicino quando era in forma ferina. Piano piano arrivai alla porta e la chiusi con cautela a chiave, lei doveva smettere ancora di mangiare.
    Avrei pulito la camera l'indomani.


    ANNE CARCARELLI




    Era il giorno di Halloween.
    Erano le 19:00, finito il mio turno di lavoro, al bar della Mike's Gym di New Orleans, stavo rientrando a casa. Stavo pensando a Louis mentre camminava a piedi, il ragazzo che si era iscritto da poco a pugilato. Era un tipo affascinante, misterioso e davvero molto bello. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, avevo però paura di rimanerci un'altra volta scottata. Sono sempre stata presa in giro dai ragazzi, appena prendono quello che vogliono spariscono. Sono tutti maledettamente stronzi.
    Era già buio, ogni casa aveva in bella mostra la propria zucca illuminata di Halloween. C'era pieno di gente mascherata per la strada, tantissimi bambini e un gruppo di musicisti vestiti da scheletro. C'era una bellissima atmosfera. Incontrai tanti amici, vidi tante belle maschere e vidi anche l'impassibile Bill Westwood che si divertiva con due suoi amici vestiti da zombie.
    Vidi in prossimità della tredicesima traversa, quella che collega Craven Road con Trevoc Road, una scena orribile. Vidi gente che urlava, piangeva e si strappava i capelli dalla disperazione, l'intera traversa era sigillata e piena di polizia.
    Era successo qualcosa di terribile. Sentii un groppo alla gola, chiesi ad un'agente della polizia cosa era accaduto, mi disse dell'omicidio di tre ragazzini innocenti.
    Mi sentivo frastornata, chi aveva potuto compiere tale abominio? Quale mostro era in grado di fare ciò?
    Ero ancora shockata quando, finita Craven Road, girai l'angolo sul Lungomississippi. Guardai il fiume, il suo eterno scorrere mi metteva gioia. Continuai ad ammirare il fiume mentre camminavo, sbattei prima ad un lampione e poi ad una persona per colpa sua.
    All'improvviso vidi una donna vestita tutta in bianco entrare nel fiume. La donna aveva già l'acqua alle cosce quando mi misi ad urlare, saltai la ringhiera e correndo nel fango arrivai alla sponda del fiume invitandola a tornare indietro. La donna si girò, era una bella ragazza sui vent'anni coi capelli neri.
    <<non posso tornare indietro. Non voglio tornare da lui, preferisco morire.>>
    Mi fece un'immensa tenerezza, poverina, gli porsi la mano:
    <<non ti preoccupare, c'è una soluzione a tutto, vieni qui.>>
    <<e' sempre violento con me, non posso.>>
    <<ci parlo io fidati. Se vuoi andiamo subito dallo sceriffo a denunciarlo>>
    <<ci parli tu? Veramente!>>
    Fece per la prima volta un sorriso, era davvero bella. Allungai ancora di più la mano per aiutarla a rientrare sulla sponda del fiume. Gli sorrisi quando allungò mi prese la mano. Mi disse con una voce dolcissima:
    <<grazie.>>
    Appena mi diede la mano sparì! Cose era successo? Oddio era un fantasma!
    Caddi a terra sporcandomi di fango, non capivo più nulla. Cosa stava succedendo a New Orleans? Ero ancora a terra quando ad una cinquantina di metri più giù sentii urlare:
    <<elizabeth>>
    Oh no! Era il marito e cercava la moglie che era sparita, ed io dovevo parlare con lui?
    Arrivò vicino a me. Guardava a destra e a sinistra, sembrava abbastanza nervoso. Era un signore sulla quarantina, aveva capelli e barba nera, era vestito con un abito tutto nero.
    <<dov'è mia moglie?>>
    Iniziai a strisciare all'indietro
    <<l'hai aiutata a scappare? Sei stata tu ad aiutarla?>>
    Il suo tono di voce era orribilmente pauroso, mi alzai e mi misi a correre come una pazza. Non avevo mai corso in quel modo in tutta la mia vita. Senti un urlo misto di rabbia e dolore alle mie spalle. Io continuai a correre, non mi voltai nemmeno.
    Correvo tra la folla festante del Lungomississippi, stavo morendo dal terrore. Non mi voltai mai mentre correvo finché due mani mi bloccarono. Era Louis.
    <<perché corri così?>>
    Gli raccontai tutto. Ero un fiume in piena, parlavo velocemente che mi capì a stento. Non mi prese per pazza.
    <<non preoccuparti hai spezzato solo la catena. Evidentemente quella donna si uccise nel Mississippi in una notte di Halloween di tanti anni fa. Ogni anno ad Halloween ripete la scena del suo suicidio. Tu l'hai aiutata a lasciare questo mondo, devi esserne felice.>>
    Non sapevo come facesse a sapere queste cose, io avevo però ancora paura del marito.
    <<il marito invece? >>
    <<tanti anni fa si sarà ammazzato quando scoprì la fine della moglie. Ora è tra i dannati, sicuro.>>
    <<meno male.>>
    <<ora devo andare, ho da fare.>>
    Mi voltò le spalle lasciandomi così, da sola. Che tipo strano era.
    Continuai a camminare arrivando finalmente a casa. Quando aprii la porta trovai una bella sorpresa, entrando vidi un disordine incredibile. C'erano cassetti aperti, sedie a terra e bicchieri rotti sul pavimento della cucina. Nel corridoio c'erano i mie vestiti a terra. I ladri mi avevano svaligiato casa? Sentii dei rumori che provenivano dalla mia stanza da letto. Presi un coltello dal pavimento e in punta di piedi andai a vedere, non credevo ai miei occhi: un folletto saltava sul mio letto. Un piccolo folletto verde, vestito solo con un bermuda marrone, saltava ridendo. Il folletto era alto mezzo metro, magrolino con le orecchie a punta, i capelli lunghi arancioni, un naso lunghissimo e dei piedi pelosi enormi. Si accorse di me e smise di saltare.
    Il folletto mi fissava dritto negli occhi, mi fece il dito medio con la mano destra, emise un orrendo urlo gutturale e sparì.
    Quella notte non mangiai, avevo lo stomaco chiuso. Mi misi sul divano con la tv accesa, armata di scopa, avevo paura di un possibile ritorno del folletto.
    Mi ero addormentata sul divano quando qualcuno suonò alla mia porta. Sobbalzai, guardai l'orologio, era mezzanotte. Andai a sbirciare alla finestra tremando, erano tre bambini mascherati. Sospirai.
    Andai ad aprire la porta, non prima però di avergli preso una manciata di caramelle. La ragazzina era vestita da fatina, il ragazzino più piccolo da clown e l'altro più alto e paffutello da Spiderman. Allungai la mano per dargli le caramelle ma la ragazzina vestita da clown mi fermò:
    << Non siamo qui per lo ''scherzetto o dolcetto'', siamo venuti qui perché ci siamo persi. Ci accompagni a casa? >>
    Mi fece tanta tenerezza il modo gentile con cui me lo chiese.
    << Certo gioia. >>
    Spensi la Tv e le luci, chiusi la porta a chiave e li accompagnai.
    Durante il tragitto parlammo e facemmo conoscenza. I due bambini vestiti da clown erano due cuginetti di 8 anni, Lisa e Timmy, mentre quello vestito da Spiderman era Matt ed aveva 10 anni. Le strade della città si stavano svuotando, ormai c'era poca gente. Tutti e tre abitavano a Washington Street. Lisa era tenerissima, non smetteva mai di parlare, mi faceva tante domande. Finite le domande iniziò a parlarmi dei suoi genitori, li voleva veramente bene. Timmy non disse mai una parola, Matt invece parlò poco.
    Arrivammo prima a casa di Matt, non c'era una luce accesa e nemmeno macchine parcheggiate intorno.
    << Matt non c'è nessuno. >>
    << I miei genitori sono ancora in ospedale. >>
    << Come fai ad entrare, hai le chiavi? >>
    << Non mi servono le chiavi per entrare, è casa mia. Grazie Anne, grazie.>>
    Matt mi abbracciò e corse verso casa, ero curiosa di vedere come sarebbe entrato senza chiavi ma Lisa mi tirò per la mano.
    << Su andiamo. >>
    Mi girai per rispondergli di si, fu un attimo, rigirai lo sguardo e Matt non c'era più. Era già entrato in casa e non ero riuscita a vedere come aveva fatto.
    << Dai, casa mia è vicina. >>
    << Si hai ragione, andiamo.>>
    Camminammo per altri cento metri quando arrivammo ad una casa con due piani. Era la loro casa, Lisa abitava a piano terra, Timmy a quello di sopra. Anche in quella casa non c'era nessuna luce accesa.
    Timmy mi abbracciò e sentii per la prima volta la sua voce:
    << Grazie mille>>
    Mi diede un bacio sulla guancia e si mise a correre verso casa, arrivò vicino al portone continuando a correre, non si fermò. Timmy passò attraverso il portone! Un brivido mi attraversò la schiena, tutto mi era chiaro. Guardai Lisa e iniziai a piangere. Lisa mi prendendomi la mano mi disse:
    << Io, Timmy e Matt ci eravamo persi, un uomo cattivo ci aveva fatto perdere la via di casa. Grazie a te siamo potuti tornare a casa, senza di te non ce l'avremmo mai fatta. Ora possiamo stare sempre vicino ai nostri genitori. Matt ha anche un fratellino da accudire. Grazie Anne. Ora starò per sempre vicino alla mia mammina, non la lascerò mai un attimo. Quando farà i dolci, quando pulirà la casa e quando farà il bucato io starò sempre al suo fianco, anche se non mi potrà vedere sentirà il mio amore. La vedrò invecchiare e quando giungerà la sua ora lasceremo questo mondo insieme. >>
    Piangevo a dirotto, versai tantissime lacrime, non riuscivo più a dire una parola. Abbracciai Lisa fortissimo, la baciai, avrei dato la mia vita per riportarla in vita ma non potevo.
    << Ciao, ora devo andare. Grazie tantissimo. Grazie. >>
    Si staccò dal mio abbraccio e corse verso casa, non riuscivo a parlare, la salutai solo con la mano.
    Mi avviai verso casa mia, avevo una sensazione di vuoto dentro me, volevo urlare a squarciagola. Perché mio Dio? Perché avevi permesso che qualcuno facesse del male a tre poveri bambini innocenti, perché?
    Mentre camminavo mi sentii svenire, mi dovetti sedere sul marciapiedi, presi il cellulare per vedere l'ora, erano le 2:00 del mattino, non c'era più anima viva in giro, solo il silenzio. Mi sentivo male. Non avevo mai passato un giorno così in vita mia. All'improvviso un urlo squarciò la notte:
    << APRI QUESTA PORTA>>
    Ne avevo visto troppe quella sera, col cellulare chiamai la polizia dicendogli che c'era un pazzo che voleva sfondare un portone. Finita la telefonata mi misi a correre verso casa. Ero stanca fisicamente e mentalmente, volevo solo andare a dormire, folletto permettendo.


    MORGAN T. DAVIS




    Non mi dovevo arrendere. Non potevo farlo, ero moralmente obbligato. Tre ragazzini chiedevano giustizia.
    Era circa mezzanotte quando presi l'auto e andai da Bill. Il mio vecchio amico Bill Westwood, lo conoscevo bene, lui conosceva bene me. Quel vecchio rompipalle aveva la casa di fronte a quella di Mr Patterson.
    Parcheggiai l'auto qualche isolato più giù, raggiunsi la casa a piedi a passo svelto. Non volevo farmi vedere da nessuno, specie dai federali. Bill mi aprì subito, non avevo tempo e voglia di spiegargli ciò che dovevo fare, gli dissi solo di accompagnarmi in soffitta. Dalla soffitta potevo tranquillamente guardare la casa di quel lurido sacco di pulci. Tolsi il binocolo dalla tasca e mi sistemai accanto alla finestra, Bill ormai aveva capito le mie intenzioni e mi disse col sua solita freddezza:
    << Non mi interessa un cazzo di quello che devi fare, puoi rimanere fino a domani mattina. Una sola cosa: non fare rumore. Se si sveglia mia moglie, siamo due uomini morti>>.
    Erano passate circa due ore, nessun movimento e nessuna luce accesa, tutto immobile, lottavo da solo contro il sonno e il freddo fin quando un'ombra attirò la mia attenzione.
    Nel giardino della casa a fianco un'ombra. Dietro la staccionata si intravedeva una figura nera furtiva, camminava lentamente per poi saltare agilmente dall'altro lato. Corse veloce fino alla finestra a pian terreno, sapeva il fatto suo, l'aprì velocemente forando il vetro con una punta di diamante. La finestra era ormai spalancata, ma non entrò subito il bastardo, prima girò lo sguardo verso di me. Non sapevo come faceva a sapere che io ero lì, dietro una tendina di una lurida e buia soffitta. Guardò verso di me e sorridendomi mi fece l'occhiolino. Brutto figlio di puttana come facevi a sapere che ero lì!
    Dopo avermi sorriso entrò in casa come un lampo, rimisi sbigottito, che succedeva? Eppure non era un viso sconosciuto. Non ricordavo chi era ma non avevo nemmeno più il tempo per pensare. Scesi le scale a quattro a quattro e in un attimo fui al portone della casa di Mr Patterson. Bussai forte, suonai il campanello e gridai di aprirmi ma l'unica reazione furono le luci accese nelle case dei vicini. Entrai dalla finestra, accesi le luci e iniziai a girare le stanze, non vidi nessuno finché non salii al piano di sopra, e che vidi! Nel suo letto ancora sotto le coperte c'era il corpo senza testa di Mr Patterson. Non riuscivo a credere ai miei occhi, voltai lo sguardo e dall'altra parte della stanza c'era Louis con un sacchetto nero in mano. <<se stai pensando a cosa c'è nel sacchetto ti rispondo subito. C'è la testa di quell'uomo. Ho placato ora la tua sete di curiosità? Spero di si.>>. Cazzo era Louis! Louis Dumont il pugile. Che cavolo aveva combinato!
    Rimasi incredulo quando mi resi conto che il cadavere senza testa non aveva versato una goccia di sangue. Non c'era una sola macchia di sangue sulla coperta o sul cuscino. Mi avvicinai al corpo senza vita per guardarlo meglio, era una morte innaturale. Puntai la pistola in faccia a Louis, mi doveva spiegare un po' di cose:
    << Perché lo hai fatto? E come cazzo hai fatto? Perché non c'è una goccia di sangue?>>
    << Smettila di farmi domande. Se parli sempre tu come faccio a risponderti.>>
    Porca miseria era impassibile, sembrava divertito dalla situazione.
    << Mi hai fatto un piacere uccidendolo ma ora PARLAAAA. >>
    << Io viaggio dagli albori del tempo, a volte io do e a volte io prendo. Sta a me scegliere come e quando. Stanotte ho fatto entrambe le cose, ho preso una vita e ho donato giustizia. Ho fatto anche il tuo lavoro.>>
    << Non usare giri di parole con me. >>
    << Tu fai le domande sbagliate. >>
    Volevo prenderlo a pugni in faccia, volevo togliergli quel sorrisetto e fargli gli occhi neri . Mi stavo lanciando verso di lui quando le urle delle sirene mi fermarono, qualche vicino dopo le mie urla al portone doveva aver chiamato la polizia. Fu un attimo, andai alla finestra per vedere i poliziotti scendere dalle auto, mi girai e non c'era più nessuno. Louis e il corpo di Mr Patterson era spariti in un attimo.
    Ero shockato. Salirono i poliziotti e chiesero spiegazioni. Porca vacca, che cosa potevo dire? La prima cosa che mi venne in mente, non c'è nessuno, quel bastardo di Mr Patterson è scappato.
    Il caso era nelle mani della FBI, ancora oggi è un caso aperto. Come facevo a spiegare quello che mi era successo, come facevo! Mr Patterson risultava ricercato in tutti gli USA. Louis era sparito e immacolato chissà dove, io ero al limite dell'esaurimento nervoso. Un Halloween così non lo avevo mai vissuto.
    Tutta la FBI cercava un'omicida di tre bambini, solo io cercavo il suo assassino. Dovevo capire chi era e che cosa era.
    Andai alla palestra che frequentava. La sua scheda parlava di un Louis Dumont nato ad Atlanta il 27 ottobre 1993. Scoprii che non c'era nessun Louis Dumont nato ad Atlanta, tanto meno un Louis Dumont nato in Georgia negli ultimi 50 anni. La sua residenza doveva essere Patton Street numero 34, ci abitava invece una famiglia di colore che non sapeva nemmeno chi fosse tale Louis Dumont. Nessuno lo conosceva bene in palestra. Nessuno era riuscito a strappargli confidenze o particolari della sua vita privata, tutti tranne Anne, la ragazza che lavorava al bar dentro la palestra. Non gli disse molto. Louis gli raccontò solo dei suoi viaggi in Gran Bretagna e della Louisiana, gli aveva confidato che gli piaceva New Orleans perché era ''una città vicina alla morte''. L'unica cosa veramente importante fu l'avergli confidato la passione per i Chicago Bulls. Ammise di esser andato parecchie volte in passato a vedere le partite di Michael Jordan.
    Avevo un grosso indizio, quella creatura era stata a Chicago.
    Chiamai alcuni amici federali che lavoravano in Illinois, gli chiesi di cercare in tutti gli archivi il nome Louis Dumont. Questo nome era presente una sola volta nei milioni di files della FBI. Era un giovane magazziniere scomparso a Chicago nel 1928, gli anni del dominio criminale di Al Capone. Ormai era dato per morto. Per me era la stessa persona o meglio la stessa creatura.
    Entrai in macchina, mi misi in marcia verso Chicago e verso l'ignoto.
    Trovare Louis era tutto per me. Se era ciò che pensavo doveva darmi alcune risposte.




    @copiright WWW.IraccontidelpifferodiAlaska85.com

    Edited by alaska85 - 17/3/2016, 17:23
     
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    Racconto niente male, anche se con alcuni errori (ma capita quando si scrivono testi molto lunghi), in generale mi è piaciuto. In particolare mi è piaciuto il fatto che tu abbia messo i vari punti di vista dei protagonisti, idea molto carina :)
    La parte della licantropa m'è piaciuta xD Quella invece più inquietante era quella della donna che vedeva i fantasmi, anche se mi è piaciuto quando ha "salvato" i due bambini fantasma, accompagnandoli a casa.
    Hai molta fantasia e se ti alleni a scrivere puoi migliorare e fare sempre meglio, continua così :D
     
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  3. alaska85
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    Grazie Vale, mi fa piacere che ti sia piaciuto :)
     
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    Di nulla, la verità ;)
     
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  5. Altair47T
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    Mi piace, ben fatto il collegamento coi personaggi. Manca di dettaglio, come è giusto che siano delle storie horror brevi, ma vi sono un bel po' di errori di battitura o comunque lievi disattenzioni. Ti consiglierei di rileggerlo magari gli dai un'aggiustatina.
    Spero a breve di postare qualcosina anch'io.
     
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  6. alaska85
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    Grazie Altair :B):

    per gli errori e disattenzioni è vero, dovrei rileggerlo attentamente ^_^
     
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5 replies since 13/2/2016, 18:52   70 views
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