Il muro delle verità

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  1. Zarthial
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    Eccovi accontentati, lupetti! xD

    Questo brano l'ho fatto per un contest letterario, contest che poi ho vinto.
    Si intitola "Il muro delle verità" e, vista la lunghezza, lo posto in due parti.

    Parte prima:

    Il ragazzo si tirò su, si stiracchiò e guardò l’ambiente dove si trovava. Era un bosco molto fitto. Gli alberi erano così fissi che la luce solare stentava a penetrare. Solo in un angolo davanti a lui, dove le fronde erano un po’ più distanti, un fascio di luce penetrava inclinato disegnando a terra un alone biancastro. A giudicare dall’inclinazione dei raggi poteva essere primo mattino o tardo pomeriggio ma il ragazzo non lo capiva dato che non sapeva dove fosse l’est o l’ovest.
    L’aria era fresca e frizzante e sapeva di resina. Di tanto in tanto si sentivano dei fischi e dei versi in lontananza.
    A prima vista, il ragazzo credeva di essere nel bosco che si trovava sulle montagne vicino a casa sua ma poi si rese conto che non poteva essere quel posto. Gli alberi erano molto diversi. Erano alti e grossi il triplo di alberi normali, le foglie avevano una forma a lancia ed erano disposte a gruppi di sei, perfettamente simmetrici. Il ragazzo si alzò e si rese conto di sentirsi diverso. Non aveva più i suoi occhiali, eppure ci vedeva benissimo, riusciva a vedere particolari che forse nemmeno la sua vista normale da umano riusciva a cogliere. I suoi capelli neri erano lunghissimi e perfettamente lisci, ben curati e morbidi. Li accarezzò in tutta la loro lunghezza chiedendosi come potessero essere cresciuti in così poco tempo mentre li osservava scintillare di nero lucido. Si sentiva più forte fisicamente, libero mentalmente e si sentiva nel complesso in piena salute. Non si era mai sentito così bene in vita sua. Anche i suoi vestiti erano diversi da quelli che metteva abitualmente; indossava una magnifica tunica e dei pantaloni in stile medievale di un bel color verde smeraldo, al colletto era allacciato un mantello nero dove era disegnato un drago blu in posizione rampante. I suoi piedi invece erano nudi e il terreno era piacevolmente morbido, fresco e umido. Sentirlo sotto le piante era una sensazione magnifica, che gli infondeva energia benefica nel corpo. Il ragazzo, così, si incamminò lungo un sentiero che procedeva in leggera salita. Grosse radici nodose sporgevano ogni tanto dal sentiero. Sembrava che si trovasse in un bosco magico.
    Ma dove poteva essere?
    E se è un sogno? Quel pensiero fulminò la sua mente.
    Il ragazzo fece delle prove. I suoi movimenti rispondevano perfettamente ai suoi comandi come nella realtà, provò addirittura a pizzicarsi il braccio ma non successe nulla. Il bosco rimase sempre lì, vivido. Troppo vivido per essere un sogno.
    In quel momento un rumore improvviso proveniente dall’alto lo fece trasalire. Il sole venne oscurato dalle sagome di tre enormi creature volanti che si libravano al di sopra degli alberi. La fitta copertura vegetale non gli permetteva di distinguere bene quelle creature, l’unica cosa che riuscì a scorgere erano le enormi ali diafane da pipistrello colorate e trafitte dai raggi solari che le facevano apparire traslucide.
    “Draghi?” Pensò il ragazzo mentre il suo sguardo li seguiva fino a che non scomparvero oltre la collina.
    Il ragazzo aveva sentito parlare dei draghi. Erano ritratti come creature malvagie ed assetate di sangue che incendiavano i villaggi e avvelenavano i fiumi. Ma nella società moderna nel quale viveva non si dava però più tanto peso a quelle creature e la gente credevano che fossero solo frutto della fantasia e che non fossero mai esistite nella realtà. Lui era uno come loro, non ci credeva. Almeno così lo era fino ad adesso.
    E se esistessero?
    E se fossero creature del bene?
    Alcune voci lontane, provenienti come da un lontano passato, riecheggiavano nel suo interno. Voci che non aveva sentito fino a quel momento.
    I pensieri del ragazzo furono interrotti all’improvviso perché sul sentiero, a pochi metri da lui, c’era un grosso lupo. Il canide, più alto del ragazzo, aveva il manto completamente bianco, i suoi occhi gialli lo scrutavano. Il ragazzo cacciò un urlo di spavento, si voltò e iniziò a correre sempre più velocemente, fin quanto le sue gambe gli permettevano. Ma non bastò. Con un balzo, il lupo lo superò agilmente, bloccandogli la strada. Il ragazzo piantò i talloni nel terreno per non finirgli addosso. Il suo cuore batteva fortissimo nel suo petto.
    “Fermo! Non ti farò del male!” disse il lupo bianco.
    Il cuore del ragazzo, invece di calmarsi, aumentò ancora di più il suo battito. Non credeva alle sue orecchie. Il lupo aveva parlato. I due rimasero per alcuni, lunghi attimi a fissarsi in silenzio. Pareva che il tempo si fosse fermato, congelando quella scena.
    “Ma...ma...tu parli?” chiese timidamente il ragazzo, rompendo il silenzio.
    “Ma certo che parlo!” rispose tranquillamente il lupo, sedendosi e alzando la zampa anteriore destra.
    Il ragazzo osservò la zampa e, vincendo la sua timidezza, allungò la mano e strinse la sua zampa.
    “Io mi chiamo Travnik!” disse il lupo presentandosi.
    “E io...”
    “Plauris!” disse il lupo, come ad indovinare il nome del ragazzo.
    Il ragazzo si riscosse. Quello non era il suo nome. Il suo nome era Ivan, un nome comune usato da diversa gente.
    “Ma io....”
    “Il tuo vero nome è Plauris!” disse il lupo.
    “Non capisco più niente. Dove mi trovo? Perché mi chiami così?” disse il ragazzo passandosi una mano tra i capelli.
    “E’ normale che ti senta confuso ed è per questo che sono qui. Oggi tu incontrerai delle creature che ti spiegheranno chi sei veramente!”
    Il ragazzo annuì incredulo. Chi mai poteva essere? Fino a quel momento lui credeva di essere uno dei tanti ragazzi moderni che pensavano solo alle loro cose da adolescenti e che ormai draghi e lupi parlanti erano cose da bambini, ma ora qualcosa era cambiato.
    “Intanto, per rispondere alla tua prima domanda, ci troviamo nel regno di Septa Drakunea, sul terzo pianeta della quarta stella della costellazione di Draco! Salta su!” disse Travnik piegandosi sulle zampe.
    “Sulla tua schiena?” chiese Plauris, sempre con timidezza.
    “Certo!”
    Il ragazzo si avvicinò al lupo, accarezzò il suo pelo morbido e folto e poi gli montò in groppa, cingendolo con le braccia attorno al collo.
    “Si parte!” disse Travnik scattando.
    Il lupo correva velocissimo e schivava agilmente i grossi alberi. I capelli del ragazzo si alzarono e iniziarono a sventolare come se fossero dotati di vita propria. All’inizio Plauris aveva paura, in vita sua non aveva mai cavalcato e adesso si trovava sulla groppa di un grosso lupo che correva velocissimo e che non dava nessun segno di stanchezza nonostante il peso del ragazzo e la pendenza del sentiero. Ma lentamente, la paura si trasformò in divertimento, si rilassò godendosi lo spettacolo dei tronchi che gli passavano vicinissimi a gran velocità e dell’aria che gli si insinuava tra i lunghi capelli neri.
    Il sentiero procedeva sempre più in salita finchè, ad una grande apertura tra gli alberi, pareva interrompersi nel nulla. Travnik rallentò e si fermò proprio dove il sentiero finiva sull’orlo di uno strapiombo. Il lupo levò il muso verso il cielo lanciò un fiero ululato. Il ragazzo scese dal lupo, appoggiando i piedi su un delizioso tappeto naturale di erba madida di rugiada e si guardò attorno, rimanendo affascinato dalla bellezza del luogo.
    Sul fondo della vallata, un bellissimo fiume color smeraldo tagliava il bosco con il suo percorso serpeggiante che sboccava da un grande lago che si trovava a monte, per poi passare sotto la collina dove si trovavano Plauris e Travnik e continuare il suo percorso lungo la vallata che si faceva sempre più ampia dove, in fondo, si trovava una città in stile medievale con un architettura più adatta a delle creature volanti che a degli esseri umani. Era piena di torri altissime dotate di punte che sembravano dei pugnali che volessero bucare il cielo. Vari ponti sospesi ad arco collegavano le torri a vari livelli dove vi erano anche ampie terrazze costruite apposta sul lato più soleggiato. Su quelle lontane terrazze, il ragazzo vide delle strane sagome che di tanto in tanto scintillavano. Si rese presto conto che erano dei draghi dai vari colori che passeggiavano e la luce del sole si rifletteva sulle loro scaglie lucenti provocando un riverbero simile a quello dell’oceano.
    Lo sguardo di Plauris passò alla catena montuosa che si trovava dall’altra parte della vallata e le tastò con lo sguardo dal basso verso l’alto. Fino a metà altezza, gli strani alberi riuscivano a crescere nonostante il ripido pendio, ma poi si diradavano sempre di più lasciando il posto a dei prati verdi chiaro. Ancora più su si interrompevano anche questi lasciando esposta la nuda roccia. E che roccia! Non era grigia. Era variopinta come l’arcobaleno e come l’arcobaleno, era stratificata. Ogni strato leggermente inclinato aveva un colore molto intenso, si passava da uno strato giallo oro, ad uno rosso rubino, ad uno verde smeraldo ad un altro blu cobalto. Di tanto in tanto si notava anche uno strato nero o uno bianco. Ancora più in alto, le cime dentellate si alternavano a forcelle e avvallamenti dove si trovavano dei vasti nevai. E solo adesso Plauris spostò lo sguardo sopra le montagne, per ammirare il cielo. Nell’azzurro intenso, si potevano vedere anche stelle, lune e pianeti che si muovevano quasi a vista d’occhio. Anche se era sereno, quel cielo veniva di tanto in tanto tagliato da dei fulmini guizzanti e colorati. Il sole era una stella doppia che splendeva nella parte sinistra della volta celeste e i suoi raggi inclinati irradiavano la città.
    Plauris capì che era mattina perché il doppio sole era leggermente più alto rispetto a prima. A occidente, invece, il cielo era nuvoloso e nei grossi cumuli scuri, danzavano altri fulmini che erano simili ai normali fulmini temporaleschi.
    “Ma è....è....stupendo...magnifico....tutto colorato....non ho mai visto niente di così bello....” disse il ragazzo stupefatto sedendosi e accarezzando il morbido pelo di Travnik.
    “Septa Drakunea è stata costruita dai draghi utilizzando la magia ma senza rompere l’equilibrio della Natura!”
    “...magari che anche il mio mondo fosse così...” rispose Plauris stupefatto.

    -fine prima parte-
     
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  2. Winema_c
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  3. -Kirye-
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    Bello,dai con la seconda parte :D
     
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    Il Dottore Magistrale del Caos

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    Non è proprio il mio genere, preferisco il fantasy contemporaneo! Però non è male, anche se c'è qualche errore di battitura e qualche svista grammaticale. Niente che una buona rilettura non possa eliminare ;)
     
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  5. Zarthial
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    Grazie a tutti :3

    Gli errori di battitura li odio quando scrivo a tastiera e sebbene rileggo più volte, non me ne accorgo di tutti. Le imprecisioni grammaticali credo che derivino dal fatto che parlo per il 97% del tempo in dialetto e il mio dialetto ha regole di grammatica diverse dall'italiano xD.

    Ah, una curiosità che non vi ho detto: i nomi dei personaggi sono, in realtà, nomi di alcune montagne delle Alpi Giulie che io conosco bene ^^

    Coooooomunque, dato che siete ansiosi vi posto la seconda parte.

    In quel momento, si sentì un “thud” lontano, seguito da un altro e un altro ancora, sempre più vicino. Travnik alzò lo sguardo al cielo. Al quarto “thud”, una forte corrente d’aria fece frusciare le fronde degli alberi e un drago apparve dietro di loro. La creatura passò sopra, descrisse un cerchio nel cielo e rallentò atterrando sulla cima erbosa. Plauris lo squadrò da cima a fondo. Era alto almeno tre volte il ragazzo. Il manto squamoso era di un bellissimo color blu cobalto e dove il sole lo illuminava, le scaglie lucidissime catturavano la luce e la riflettevano facendo illuminare gli alberi con il riverbero, come se i raggi solari fossero riflessi dall’acqua increspata. In testa spiccavano due corna nere mentre la schiena era percorsa da una lunga serie di sporgenze ossee color giallo fosforescente che terminavano sulla punta della coda a forma di freccia. Ogni zampa muscolosa terminava con cinque artigli argentei ricurvi che facevano presa nel terreno. Le ali, ora ripiegate con cura lungo i fianchi, erano dello stesso colore del cielo. Gli occhi della creatura erano verdi smeraldo e scrutavano saggi il ragazzo. Il suo respiro caldo faceva muovere a colpi i lunghi capelli di Plauris. Intorno al drago, si poteva percepire un delizioso odore di resina di abete.
    Il ragazzo guardò il drago con gli occhi pieni di ammirazione. Non era la bestia assetata di sangue narrata nelle leggende. No. Davanti a lui si trovava la creatura più bella che possa esistere.
    “Grande drago...” disse il ragazzo chinando il capo e allungando la mano in segno di amicizia.
    “Chiamami Mangart!” rispose il drago sfiorando la mano del ragazzo con la punta del muso.
    “Io mi chiamo...Plauris!” rispose il ragazzo rialzando la testa.
    “Lo so! Io e Travnik ti conosciamo molto bene!”
    “E come? Io non vi ho mai visti prima d’ora....”
    “Vieni con me. Saggio Triglav ti spiegherà tutto!” disse il drago distendendosi.
    Il ragazzo guardò il drago, adesso doveva cavalcare una creatura volante.
    “Non ho mai volato in vita mia....”disse timidamente.
    Il drago rise con un verso gutturale.
    “Non ti farò cadere, stai tranquillo. Su, monta sulla mia groppa. Tu, Travnik, puoi accomodarti tra le mie zampe come hai già fatto altre volte!” ribadì Mangart.
    Plauris si arrampicò sul fianco blu del possente drago. Toccare le sue scaglie era una sensazione stupenda: sembravano umide al tatto ed erano leggermente ruvide, caldo e fresco si mescolavano in un turbine di sensazioni mai provate prima d’ora. In quel momento Plauris fu certo che non esisteva nessun’ altra sensazione più bella. Il ragazzo si sedette tra le sporgenze gialle della colonna vertebrale e continuò ad accarezzarlo. Anche il drago gradiva il tocco leggero delle mani del cucciolo d’uomo. Travnik invece si accoccolò tra le mani squamose del drago che adesso si era messo in posizione rampante. Plauris si rese conto che assomigliava moltissimo al drago disegnato sul suo mantello.
    “Pronti?” disse il drago accompagnando la frase ad un ruggito ed ad una leggera fiammata bluastra che scaturì dalle sue fauci dotate di bianche zanne affilate.
    “Prontissimi!” risposero all’unisono Travnik e Plauris.
    Il drago si piegò, tese al massimo i poderosi muscoli delle zampe posteriori, spalancò le ali diafane alzando una folata d’aria e si gettò giù dal dirupo. Le correnti ascensionali accarezzarono il suo corpo e lo fecero levitare. Mangart si alzò di quota dando dei potenti colpi d’ala provocando un rumore regolare e secco che rimbombava nelle orecchie del ragazzo. Sotto la sua pelle scintillante, i muscoli alari si contraevano e si rilassavano dando il giusto ritmo agli arti mentre il suo cuore aumentava il suo battito. Il drago puntò verso la catena montuosa e mano a mano che si avvicinava, il ragazzo colse dei particolari che prima non aveva visto. Gli strati colorati erano punteggiati di altri colori che contrastavano quello che dominava lo strato. Il ragazzo pensava che fossero delle strane piante ma poi si accorse che erano dei stupendi cristalli che fuoriuscivano dalla roccia e si esponevano all’aperto con i loro colori stupendi e la loro simmetria perfetta. Dovevano essere grandi due volte lui.
    La possente creatura puntò verso un pianoro erboso dove nella parete rocciosa retrostante si apriva una grande grotta. Due figure umane stavano a guardia della caverna. Ma quando il drago atterrò davanti a loro, Plauris si accorse che non erano affatto umani. Erano alti e snelli ma comunque muscolosi e le orecchie erano a punta. Elfi. Un maschio e una femmina che indossavano una tunica uguale alla sua. Erano armati di lunghe lance che le incrociarono, sbarrando il passaggio.
    “Mangart, Travnik! Mi rincresce sbarrarvi il passaggio ma prima ci dovete spiegare chi è l’umano che portate con voi e il motivo per il quale lo avete portato qui.” disse l’elfo maschio dai capelli castani indicando il ragazzo.
    “Non temete, giovani elfi. Non è umano qualunque, è Plauris!” rispose Mangart.
    Gli elfi si riscossero, stupiti.
    “Oh, perdona il nostro dubbio. Non potevamo immaginare che si trattava di Plauris è così diverso...vieni qui, fatti vedere. E’ da tanto che non ci vediamo!” disse l’elfa femmina dai capelli argentei mentre ritirarono le armi.
    Il ragazzo, con un agile balzo, scese dal drago e, inchinandosi, si presentò ai due elfi.
    “Mi conoscete?” chiese porgendo la mano.
    “Oh sì! Ti conosciamo molto bene!” disse l’elfo maschio stringendo la mano.
    “E...come vi chiamate?” chiese timidamente.
    “Ma come? Non ti ricordi? Hai perso la memoria?” chiese l’elfa.
    “Probabilmente sì. Ed è per questo che siamo venuti da Saggio Triglav. Cerchiamo di far riaffiorare i suoi ricordi e fargli capire chi è in realtà!” intervenne Travnik.
    “Oh, capisco...io sono Döbratsch e lei è Vrbanova!” rispose l’elfo.
    Il ragazzo annuì, cercando di memorizzare quei nomi così strani.
    “Sono sicura che Saggio Triglav schiarirà tutti i tuoi dubbi. Su, andate da lui!” disse l’elfa facendo segno di passare.
    “Chissà che tipo è questo Saggio Triglav...” pensò il ragazzo tra se e se mentre si dirigeva nella grotta.
    Una volta dentro, il ragazzo rimase affascinato dall’ambiente. L’imbocco della caverna era solo l’inizio di un tunnel che penetrava all’interno della montagna. La galleria era sufficientemente ampia e alta a far passare tre volte il drago ed era illuminata dai grossi cristalli e dalle stalattiti che affioravano dalla roccia multicolore. Emanavano una luce del loro colore e grazie a quel gioco di luce, il tunnel era tutto variopinto. Plauris si chiese su come potessero brillare di luce propria. Il pavimento era composto da un insieme di ciottoli tondeggianti colorati tenuti insieme da una specie di arenaria. Le pareti erano di tanto in tanto ornate con degli affreschi che raffiguravano diverse creature: draghi, lupi, unicorni, elfi, felini magici e molte altre. Sotto le immagini, c’erano delle scritte in caratteri totalmente sconosciuti al ragazzo.
    “Rune! Il nostro alfabeto!” disse Mangart.
    Plauris annuì. Molto probabilmente doveva impararselo.
    Il tunnel continuò per altri cento metri circa, terminando in un’ampia sala molto illuminata. Nei vari angoli c’erano delle librerie in legno massiccio dove erano infilati diversi libri dai vari colori rilegati con delle borchie di metallo. Sul soffitto a volta era disegnato il cosmo, con stelle, galassie ed asteroidi in uno sfondo blu scuro mentre sul pavimento c’era una rosa dei venti che segnava i quattro punti cardinali in caratteri runici e, proprio in centro, c’era un drago ancora più grande di Mangart, in posizione bipede, che leggeva un libro appoggiato ad un leggio.
    Appena lì sentì arrivare, il drago si voltò verso di loro e il ragazzo ne colse i dettagli a bocca aperta per lo stupore. Un altro bellissimo drago davanti a lui.
    La creatura aveva un manto grigio argenteo che brillava di colori quando veniva illuminato dai cristalli colorati, sembrava fatto totalmente di argento. La colonna vertebrale era segnata da spine dorate che terminavano a tre punte. La lunga coda, che era leggermente sollevata da terra, terminava con un tridente. Tre erano anche le lunghe corna dorate che svettavano sulla sua testa. Tre erano i grossi artigli scintillanti che sporgevano in avanti mentre altri due più sottili si trovavano ai lati delle grosse zampe. Tre erano gli spuntoni delle ali che stavano ripiegate lungo i fianchi. Sul suo fianco, l’unica parte che non era color argenteo era una specie di tatuaggio color rosso cupo che raffigurava un tre in cifra romana, il colore era così simile al sangue che sembrava che il drago fosse stato ferito da un graffio. I suoi occhi gialli fissavano il gruppo e scintillavano di saggezza, di sicuro era un drago avanti con gli anni ma con un fisico comunque robusto e una mente che racchiude tutti i segreti.
    “Benvenuti nel mio antro!” disse con voce grossa e calda.
    I tre si chinarono davanti al saggio drago.
    “Salute a te, Saggio Triglav!” disse Mangart.
    “Venite!” disse tranquillamente Triglav facendo segno loro di entrare.
    I tre si rialzarono e si diressero verso il centro della caverna.
    Triglav fissò con intensità il ragazzo.
    “Oooh ma avete portato Plauris! Finalmente! Bentornato tra noi!” disse il drago cingendo il ragazzo con un’ala.
    “Saggio Triglav, penso che dovresti spiegare a Plauris chi è in realtà. Non si ricorda nulla.”
    “Oh sì certo. Andate tutti vicino alla parete.” disse il drago dirigendosi dietro una delle librerie. Plauris, Mangart e Travnik si posizionarono vicino alla parete di fondo.
    Il drago saggio tornò mentre brandiva nella zampa anteriore destra un lungo scettro nero di ebano con una punta a tridente dove erano incastonati tre cristalli: un granato rosso, un lapislazzulo blu e un quarzo citrino giallo.
    “Lo scettro scrutatore! Quello chiarirà ogni dubbio!” disse Mangart sgranando gli occhi.
    “A che serve?” chiese Plauris con un po’ di timore.
    “Non avere paura, Plauris. Questo scettro mi consente di proiettare sul muro la vostra anima, come se fosse la vostra ombra. Non sentirai nulla!” disse Triglav.
    Il ragazzo annuì, fidandosi delle parole dell’anziano drago
    “Cominciamo con te, Mangart!” esclamò il drago argenteo puntando il tridente verso il drago blu.
    “Sono pronto!”
    Triglav pronunciò una frase nella lingua dei draghi e dai cristalli partirono tre raggi degli stessi colori, che poi si fusero insieme generando tutti i colori. Il raggio multicolore trapassò Mangart e andò a disegnare sulla parete retrostante un drago molto simile a lui contornato da una spessa aura tremolante di colore giallo oro.
    Mangart guardava fiero quel drago immateriale. Era la sua anima e lui ne andava orgoglioso. Anche gli altri due guardarono il fenomeno.
    “Vedi Plauris? L’anima di Mangart è a forma di drago perché lui è un drago. L’aura che la contorna testimonia la forza della sua anima mentre il colore rappresenta la purezza. Un’anima color giallo oro è un’anima pura!”
    Plauris annuì.
    “Sei pronto, Travnik?” chiese rivolto al lupo bianco.
    “Certamente, Saggio Triglav!”
    Il drago argenteo rifece il rito e sul muro si andò a disegnare un lupo, anche l’anima di Travnik era contornata da una spessa aura color giallo oro. Segno che aveva un’anima forte e pura anche lui.
    “Sei pronto, Plauris? Tocca a te!” disse Triglav, scrutandolo con i suoi occhi gialli.
    “C-certamente...” disse timidamente il ragazzo, era la prima volta che qualcuno gli esaminava l’anima e temeva cosa potesse apparire sul muro.
    Triglav pronunciò la frase nella lingua dei draghi e, dallo scettro, partì il raggio multicolore che trapassò il ragazzo da parte a parte ma lui non sentì nulla. Per attimi che parevano infiniti, il ragazzo rimase con lo sguardo fisso sul raggio che gli penetrava il petto all’altezza del cuore.
    “Voltati e osserva!” disse Triglav indicando con il muso la parete oltre le sue spalle.
    Molto lentamente, il ragazzo si voltò e trasalì su ciò che vide. Invece di vedere un ombra che ritraeva la sua anima da umano, vide un disegno a forma di drago molto simile a quella di Mangart con la differenza che il drago immateriale era di colore verde e che l’aura era più ristretta ma sempre di colore giallo oro.
    Plauris rimase quasi senza fiato. Guardò spaesato la sua anima, Triglav, Mangart, Travnik, poi tornò sul drago proiettato sul muro.
    Il ragazzo mosse un braccio.
    Il drago immateriale mosse una zampa anteriore.
    Il ragazzo mosse una gamba.
    Il drago immateriale mosse una zampa posteriore.
    Il ragazzo mosse i muscoli della schiena, come a comandare arti che sul suo corpo non ci sono.
    Il drago immateriale mosse ali e coda.
    E, infine, il ragazzo provò a soffiare forte.
    Il drago immateriale soffiò una vampata di fuoco.
    “Come può essere?” chiese .
    “Tu sei un Dragonkin. Un umano con l’anima da drago!” dichiarò deciso Triglav.
    “Tu una volta eri un drago, come me!” aggiunse Mangart.
    “E come ho fatto a diventare..... umano?”
    “Probabilmente hai usato male una nostra magia. Volevi usare un nostro portale per andare da spirito invisibile nel mondo degli umani per vedere se ci sono ancora draghi sulla terra ma non appena sei arrivato nel loro mondo, la tua anima si è fusa con uno di loro che quella volta aveva solo un mese di vita.” disse Triglav.
    Adesso Plauris aveva sedici anni.
    “E...si può tornare indietro? Posso ritornare ad essere drago?” chiese il ragazzo.
    “Sì, ma prima dovrai ritrovare te stesso e rafforzare la tua anima. Come vedi la tua anima è pura ma in questi anni da umano si è indebolita.”
    “E come faccio a rafforzarla?” chiese il ragazzo.
    “Oh, è semplice. Prima di tutto devi credere in noi draghi e nel nostro Regno e poi devi cercare il tuo essere drago interiore. Trova dei momenti per te, e in quei momenti chiudi gli occhi e senti il ruggire del tuo vero io. Noi ti aiuteremo inviandoti in sogno dei ricordi della tua vita da drago!” disse saggiamente Triglav.
    “Lo farò, lo prometto!” rispose il ragazzo.
    “Disegnaci o scrivi dei racconti su di noi. Ti aiuterà molto! E non dare retta a chi dice che noi draghi siamo creature del male.” aggiunse Mangart.
    “Adesso che sai chi sei in realtà, avrai anche un altro compito da compiere, giù nel mondo umano.” disse Triglav.
    “E cosa dovrei fare?”
    “Ci possono essere anche altri Dragonkin, Wolfkin o Gryfonkin....a seconda della creatura alla quale appartenga l’anima. E anche esseri umani che hanno una forte devozione verso di noi. Tutti coloro che ci credono, un giorno potranno essere come noi. Se tu dovessi incontrarli, devi spiegare loro chi sono in realtà.” spiegò Triglav.
    “E come faccio a distinguerli? Io non ho lo scettro scrutatore!”
    “Oh, non è difficile. Queste persone hanno una devozione così forte verso di noi che ci disegnano e ci dedicano storie. E poi, ascolta la voce del tuo drago interiore!” disse Triglav porgendogli la zampa.
    La mano del ragazzo e la zampa del grande drago saggio si incrociarono.
    “E ascolta la Natura. Puoi sentire la nostra presenza nel fuoco, nell’acqua, nel vento, nel temporale, nella terra e nelle stelle!” aggiunse Triglav.
    “Seguirò i vostri consigli! Saggio Triglav, ti ringrazio per avermi fatto capire chi sono in realtà. Da oggi in poi avrò una concezione diversa della vita e di me stesso.
    “Dovere da drago!” disse il Saggio.
    “Ora tu ti sveglierai e probabilmente penserai che questo è un sogno. Ma non è un sogno qualunque, è un sogno speciale che solo il potere della nostra magia lo può rendere così vivido!”
    Plauris annuì deciso.
    “Ci rivediamo, Plauris! Sii drago!” dissero all’unisono i suoi tre amici.
    Tutto diventò bianco.
    Poi il ragazzo guardò verso l’alto e vide il soffitto di legno della sua stanza, si trovava nel suo letto. Guardò fuori dalla finestra. Un tenue chiarore dipingeva il cielo ad est.
    Si alzò e guardò l’ora, aveva ancora un’ora abbondante prima che la sveglia suonasse.
    Plauris si sedette sulla sua scrivania, prese un foglio e matite colorate. In quel tempo dipinse il suo essere drago. Il suo primo disegno da drago. Una settimana dopo appese nella sua stanza un grande poster che raffigurava un drago su una rupe che soffiava fuoco contro degli umani. Dopo un anno la sua stanza era già piena di statuette che raffiguravano draghi di ogni foggia e colore e i suoi sogni da drago erano sempre più frequenti. I suoi genitori gli chiesero più volte il perché di quella improvvisa ossessione verso i draghi ma lui si coprì dicendo loro che era una sua passione ma non riferì loro del suo grande sogno né chi era in realtà. Dopo altri tre mesi conobbe una ragazza che era identica a lui, le piacevano molto i draghi, li disegnava e scriveva storie su di loro. Plauris fu convinto che anche lei era una come lui, una Dragonkin. Si confidò con lei dei suoi sogni e del suo vero essere e lei ne rimase affascinata. Si dissero che un domani anche loro sarebbero ridiventati draghi. Lo sentivano nel profondo del loro cuore.
     
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  6. Wintermoon
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    molto bello :) coinvolgente. anche se non è il mio genere... troppo fantasy visionario. però hai un bello stile, molto buone le descrizioni dei paesaggi, terminologia varia e appropriata nel 99% de casi. (bada all'1% ) mota, molta fantasia :D
    ho capito perchè hai vinto il concorso ^_^

    voglio scrivere così anch'io!!!!
     
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  7. Zarthial
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    Grazieee!!!! :3

    *assalta* xD
     
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6 replies since 20/11/2013, 23:31   83 views
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